Parlare di politica oggi non evoca stati d’animo e pensieri positivi: incompetenza, corruzione e malaffare, fiumi di parole vuote, promesse irreali e/o non mantenute, opposizioni disfattiste, clientelismo, manipolazione dell’opinione pubblica e delle masse. Non è, dunque, affatto strano che rispetto alla politica si siano ormai prodotte sfiducia, impotenza, rassegnazione, finanche disprezzo.
In questo contesto anche il voto ha perduto qualsiasi significato, poiché si può scegliere soltanto il “meno peggio” tra partiti e candidati, con la convinzione che si tratta sempre e soltanto di un cambiamento di etichetta, non di qualità, e che i c.d. rappresentanti del popolo non rappresentano altro che se stessi o, al massimo, la corrente politica da cui dipendono.
Eppure, a fronte di quello che è stato ben definito come il “teatrino della politica”, in cui il copione recitato è sempre lo stesso e gli attori rassomigliano sempre di più a guitti senza talento, attorno a noi possiamo cogliere i segni di un profondo rinnovamento che si manifesta nei vari campi della scienza, dell’arte, della spiritualità. Ai nostri occhi comincia ad apparire una visione più ampia e inclusiva che offre possibilità interpretative e creative capaci di migliorare e trasformare dall’interno la qualità della vita stessa. Si tratta di una trasformazione che agisce sulla coscienza di chi vi si accosta, aprendola all’interdisciplinarietà e all’integrazione, il cui punto di sintesi è rappresentato dal maggior possibile bene per il maggior numero di esseri umani e dall’evoluzione del Pianeta intero.
Ma allora, vi è una futuro per la politica? Se essa è ormai ai margini di questa corrente di rinnovamento che sta percorrendo il Pianeta, non è forse destinata a consumarsi, a decomporsi, come avviene per un corpo fisico senz’anima?
Se guardiamo al panorama politico nazionale e internazionale, la risposta non può essere che negativa: la politica non ha un futuro, perché è morta. In questo panorama non vi è, infatti, oggi alcuna figura significativa, ma anzi ogni eventuale aspirazione idealistica di chi si dedica alla politica ben presto si appiattisce e sfuma in un groviglio d’interessi personalistici o partitici e di bisogni autoassertivi.
Eppure non è sempre stato così. La storia dell’umanità è ricca di figure di rilievo in campo politico: dai teorici ispirati che hanno fissato i capisaldi della politica, ai grandi statisti che con azione incisiva e impersonale hanno impresso svolte decisive nella vita di popoli e nazioni.
Cercando allora d’interpretare creativamente la crisi della politica attuale, perché non ipotizzare che la scomparsa di personalità illuminate non abbia altro scopo che quello di stimolare l’emersione di gruppi di uomini capaci di proporre nuovi modelli di organizzazione sociale? Perché non interpretare l’attuale impossibilità di agire politicamente in modo concreto e utile come il segno della necessità di dedicarsi al miglioramento della situazione politica attraverso l’azione interiore?
Questa interpretazione ci coinvolge direttamente – non a entrare nella mischia della politica, né a delegare ad altri tramite il voto un rinnovamento impossibile – perché possiamo contribuire alla nascita di una “nuova politica” nella misura in cui ci impegniamo nella ricerca di una consapevolezza che supera l’atteggiamento materialistico verso la vita, nella misura in cui aspiriamo alla saggezza e ci sforziamo di realizzarla.
Anzitutto, distinguendo l’attivismo politico dall’attività politica. L’attività politica che ci ha accompagnato negli ultimi settant’anni è finalizzata a soddisfare soprattutto bisogni personali e impulsi aggressivi (di singoli o di partiti politici), è caratterizzata da un uso reiterato e inutile di pensieri e parole, è l’espressione dei sentimenti meno nobili dell’animo umano. Gli uomini destinati a governarci emergono per la capacità di comporre intrecci di parole, per l’abilità di manipolare persone e situazioni o (nel migliore dei casi) per le loro competenze tecniche in qualche settore.
Le leggi che questi uomini possono esprimere hanno un’impronta prettamente materialistica e gli scopi cui mirano sono la salvaguardia d’interessi di parte, un’organizzazione sociale che tende all’appiattimento degli individui sui livelli di sviluppo più bassi, una funzione puramente contenitiva degli aspetti morali della vita del paese. Manca qualsivoglia contatto con gli aspetti superiori dell’essere umano, con i grandi principi, con i valori evolutivi. E se di tanto in tanto compare qualche spirito altruistico e inclusivo, questi è quasi sempre una risposta emotiva del momento alle situazioni di disagio di alcuni gruppi, con moventi sottilmente demagogici. E così, quella che può ingannevolmente apparire come un’intensa attività politica in realtà non è che un’onda crescente d’inerzia e di passività.
Appare chiaro che non è possibile portare alcunché di nuovo in un ambiente incrostato di tanto vecchiume. Ma possiamo diventare immediatamente e veramente attivi intuendo i valori superiori da porre a base della vita sociale, rappresentandoli in modelli possibili e coltivando quest’opera con fiducia ed entusiasmo. Solo attraverso la continua ricerca d’ispirazione è possibile produrre sintonia tra la legge e la direzione dell’evoluzione: una legislazione saggia svolge contemporaneamente un’azione contenitiva degli aspetti inferiori di un popolo e una funzione propulsiva di quelli superiori, rappresentata dai valori.
Quali valori? Anzitutto, il coraggio dell’utopia, da cui può nascere il futuro. Non lasciamoci scoraggiare dal divario tra la situazione attuale e il modello ideale intuito, ma spostiamo tutta la nostra attenzione e il nostro interesse su quest’ultimo, ritirando attenzione e interesse dalla prima. Apparentemente il vecchio continuerà a esistere, mentre il nuovo non si vedrà ancora, ma, per quanto ci riguarda, avremo cessato di nutrire il vecchio e ci staremo impegnando a far crescere il nuovo, dandogli tutto il nostro credito.
L’avversione verso i governanti, la critica distruttiva e non propositiva, la satira politica, sono inutili e controproducenti perché creano tra noi e “loro” un’artificiosa linea di separazione che, di fatto, serve solo a non farci sentire responsabili (pur continuando a darvi attenzione), dimenticando che un governo non è altro che una delle espressioni dello stato di coscienza di un popolo (e, quindi, anche dei singoli individui che lo compongono).
Vi è, poi, un valore centrale di qualsiasi organizzazione, che rappresenta anche una legge fondamentale dell’universo: la sintesi. È un valore che dev’essere costantemente cercato e perseguito e possiamo sceglierlo come punto di riferimento per riconoscere una politica illuminata: dove è approvata e favorita la sintesi – tra individui, culture, interessi economici diversi, ideologie in opposizione, popoli lontani e zone geograficamente distinte – lì è attecchito il seme del nuovo.
Da qui, l’importanza d’imparare e attuare il controllo dell’aggressività, l’utilizzazione creativa della diversità di opinione, l’emotività e il sentimento al servizio della ragione, la sensibilità di percepire gli eventi e il loro significato, la trasformazione degli impulsi autoaffermativi in aspirazioni idealistiche, la capacità di prevedere e immaginare gli effetti delle leggi, l’uso dell’intuizione e non della sola ragione.
L’allenamento all’analisi critica degli avvenimenti politici alla luce di principi e valori universali, quali la fratellanza, l’utilità per i molti, la responsabilità individuale, la conoscenza, ci permetterà di discriminare tra le correnti involutive e quelle evolutive e a riconoscerle dietro l’apparenza del significato contingente. Guardare oltre l’aspetto distruttivo di certi eventi o la frustrazione di nostri desideri immediati ci permette d’intravvedere le nuove forme di vita che stanno nascendo e che noi possiamo consapevolmente e liberamente contribuire a creare.
È questo il lavoro che ciascuno di noi può fare, soprattutto fuori da una partecipazione alla c.d. vita politica: riflettere, aspirare, meditare, collegarsi con quel piano mentale in cui i modelli già esistono, cercare di coglierli e provare a sperimentarli nella vita quotidiana all’interno delle micro-organizzazioni politiche di cui facciamo parte (famiglia, gruppi, centri, …), immettere instancabilmente idee nuove nella corrente del pensiero collettivo.
Ecco la vera politica, come amore per il gruppo umano, che siamo chiamati ad attuare: qui e ora.